Ciò basti a persuaderci, ch’egli avea de’ malevoli. Rado è che dalla potenza si scompagni l’invidia, e che da questa non pulluli l’odio. Gli accennati storici, nell’esporre le udite dicerìe, punto non le rafforzarono col proprio parere; anzi, se guardiamo il Poggio, troveremo, che in più luoghi della sua storia propende a credere ben fondati i sospetti de’ Veneziani sulla fedeltà del loro Generale. Riguardo al licenziamento dei soldati, egli così dice: “Non v’ha chi dubiti, ch’esso (Filippo) potesse in quel giorno essere d’ogni cosa spogliato, se il Carmagnola avesse ritenuti i prigionieri. Infatti tutt’i più nobili e valorosi erano caduti nelle sue mani... Tanto era il tumulto, tanta la disperazione, e così sparsa la fama di questa vittoria, ch’egli poteva, senza impedimento alcuno, portar la distruzione sino sotto le porte di Milano.” - In quanto all’asserzione del Corio, essa non trova aderenti nemmeno tra gli avversarj dei Veneti: tanto è fuori di ragione e gratuita. Bella politica in vero sarebbe stata quella di colmar di doni e di onori colui che serviva lo Stato, ed inventar poscia false accuse per privarlo di vita, e ricuperare i largiti doni! Io non so, che taccia simile sia stata mai apposta alla Repubblica nemmeno da’ suoi detrattori li più accaniti, mettendola così a paro col barbaro Musulmano. Da ciò conchiudasi, che la storica autorità qui riesce a nulla per decidere, se a diritto o a torto siasi il Carmagnola giustiziato. Tutto riducesi a presunzioni, a congetture, per giudicar delle quali è d’uopo ricorrere al raziocinio più che alle antiche memorie.
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