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Tutte le cautele usate per l’arresto del conte Carmagnola furono effetto di prudenza, o se così vogliam chiamarla, di paura di lui. Non è quindi a stupire, che simili precauzioni si praticassero anche nel giustiziarlo. Ognuno sa, che non fu costume de’ Veneziani l’usare alcun apparato di forza nel recinto della loro città in qual siasi occasione, e fosse pur tale, che attirasse il concorso, ed impegnasse gli animi di tutto il popolo. Qualunque idea di diffidenza sul suo contegno, qualunque indizio troppo visibile di superiorità su di lui, volevansi sbanditi interamente. Il popolo avea in bocca il freno, ma gli si tenevano così allentate le redini, che quasi non si potesse accorgere di averlo. Per non deviare da simil prammatica, ed insieme prevenire ogni disordine, si ricorse (del che però non tutti gli Storici convengono) nel caso presente, alla sbarra posta in bocca del reo nel condurlo al supplicio. Poco fors’egli avrebbe detto, e poco le sue parole avrebbero o persuaso o commosso; ma quando pur si fosse suscitato tumulto in cento soli tra gli spettatori (e di quanti mali ai nostri giorni non furono cagione anche meno di cent’uomini?), quali mezzi avrebbonsi potuto porre in opera per reprimerli, se i soldati ed i cannoni mancavano? Per altro, tanto è lungi, che il Governo credesse dissenziente il popolo da sè intorno la reità del Carmagnola, che anzi il volle condotto colla massima pubblicità in piazza di san Marco, ed alla vista di tutti fatto decapitare. Ne punto s’intimorì pel fresco esempio dell’ardore da quel popolo stesso spiegato, quando col suo forte volere, opponendosi ad un troppo severo giudizio, ottenne la restituzione della libertà e degli onori al sospettato reo Vittore Pisani, come già ebbimo occasione di vedere.
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