Giunti questi all’altura di Rodi s’incontrarono colle galee Maltesi, che gli attaccarono. Quivi cominciò un combattimento ferocissimo e sanguinoso, che durò per lo spazio di sette ore. In fine i prodi cavalieri ottennero una compiuta vittoria. Acquistarono oltre i vascelli tutte le ricchezze; vi fecero un gran numero di prigionieri, e Gelis Agà con molti del suo seguito rimase trucidato. I vincitori da una burrasca tremenda furono gettati sulle coste di Candia, dove si fermarono alquanti giorni per racconciar la loro flotta, ristorare i marinai, e disfarsi del superfluo, vendendo ai ricchi mercadanti ed ai cittadini gli effetti turcheschi.
Quando la nuova di quest’avvenimento giunse a Costantinopoli, tutti ne furono vivamente agitati, anche per timore che simili danni accader potessero ad essi pure. Cosicchè mascherando questo lor timore sotto lo spezioso zelo di religione, deploravano altamente il caso infelicissimo avvenuto a que’ pellegrini, che andavano a venerare la Mecca, ed esclamavano essere ormai impedito il più sicuro cammino della salute eterna per il pericolo della schiavitù e della morte. Il sepolcro di Maometto trovarsi tributario de’ Cristiani, ed i voti de’ divoti Musulmani dover passare tra le spade di quegl’infedeli. Commiseravano le donne tra i ceppi, ed i fanciulli prima schiavi che nati. Essere interrotto il commercio del Cairo e dell’Egitto, che somministra tesori all’erario, ricchezze alle sultane, delizie ai grandi, comodi a tutti. Tali esagerazioni suscitarono ognora più l’odio d’Ibraimo contro i Cristiani; e tanto gli esacerbarono l’animo, ch’egli immediatamente giurò vendetta per l’accaduto, lanciò ordini severissimi agli arsenali, ai Beì, ai Bassà, che per il mese di aprile dovessero essere in pronte flotte tali, da sterminare tutt’i nemici del nome musulmano.
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