Questi consigli, veramente barbari, erano però tali da piacere ad un despoto, presso cui la giustizia non è mai freno alle viste d’interesse. Ibraimo se ne persuase a segno, che risolse sul momento stesso di rivolgere tutt’i preparativi di guerra a questo solo oggetto, pubblicando però, ch’erano contro i soli Maltesi. Indi fece assicurare l’ambasciator Veneto della sua antica amicizia verso la Repubblica, giurando che non mai contro essa rivolgerebbe le proprie forze; ed aggiunse, che allorquando le sue flotte fossero entrate in qualche porto de’ Veneziani, tenea per fermo, che verrebbero provvedute di quanto loro bisognasse.
Il Senato trovossi allora in un crudele imbarazzo, nè sapea, se più creder dovesse alle proteste de’ Turchi, o agli avvisi che riceveva, essere solo contro Candia diretti i preparativi ostili. Nell’ambiguità de’ consigli era sano il pensare al peggio, tanto più che non parea punto ragionevole ragunarsi tante forze marittime e terrestri per conquistare un’isola, quale si era Malta, sterile, picciola, priva di acqua e di vitto. Ma come ostentar difese senza essere minacciati? Come far pompa d’armi con sì piccoli mezzi, atti soltanto a provocare il mal talento di chi per la sua superiorità può riguardare il debole come suo nemico? E quali speranze nodrire sopra i principi cristiani, dopo le tante sventurate esperienze, e nel momento in cui essi pure avevano di che pensare ai casi loro? Dopo molte dispute ognuno convenne nel 1645, come per le medesime ragioni nel 1781, che ad onta del conoscersi benissimo quante sciagure cagionar potrebbe il prestar fede agl’infedeli; la Repubblica trovavasi allora nella dura necessità di mostrarsi affezionata a chi pur troppo le dava motivo di altamente temere.
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