Giunto in Candia, vi trovò i miseri avanzi della flotta sommersa, che stavano ad acconciarsi, ed anche alcune navi venute di fresco. Mentre gli conveniva fermarsi, migliorò le fortificazioni esteriori, rassettò le già fatte, e ne aggiunse altre ancora. Il capitan Bassà non cessava di disturbare in tutt’i modi questi lavori; ogni giorno v’erano scaramuccie. Avvenne, che colui cadde ammalato; non fidandosi de’ proprii medici, fec’egli pregare il nostro comandante di mandargli il suo. Mocenigo non esita punto; glielo accorda in sul fatto, ed anzi raccomanda al medico, che si prenda ogni cura della salute del Turco, il quale infatti risana. Questo tratto di filantropia onora lo spirito militare; le virtù amabili non dovrebbero andar giammai disgiunte dal valor marziale; esse sono quelle che caratterizzano i veri eroi. Che tale si fosse il Mocenigo non v’ha dubbio. Ecco un gran tratto di coraggio. Malgrado tutti gli sforzi de’ Veneziani, era riuscito ai Turchi di aprire una trinciera, e gli attacchi sopra Candia si succedevano senza posa. Il Mocenigo avea l’occhio a tutto, e pareva essere nel tempo stesso e in terra e in mare. In un assalto generale accadde, che pigliò fuoco ad alcuni barili di polvere nella città. Lo scoppio fu sì grande che tutti credettero essere l’effetto di qualche mina, e che altre ne dovessero scoppiare. Lo spavento diviene sì generale, che assedianti ed assediati prendono la fuga. Un officiale della piazza incontrando il nostro capitan generale, lo scongiura d’imbarcarsi subito; poichè, diceva, tutto è perduto.
| |
Candia Bassà Turco Mocenigo Veneziani Turchi Candia Mocenigo
|