Ordina tosto a Girolamo Battaglia di andare con quattro navi a riconoscere le forze del nemico. Il Battaglia lo vede da lungi, gli si fa incontro, e penetra col massimo ardire fra le linee de’ Turchi. Questi lo circondano con un gran numero di vascelli. Il Battaglia, lungi dal fuggire, fa un fuoco infernale d’ambi i suoi bordi, passa e ripassa più volte in mezzo ai nemici, li fulmina colla sua artiglieria, disalbera molti de’ lor vascelli, uccide un gran numero di soldati ed ufficiali, e lo stesso Bassà di Natolia. Dopo questa corsa gloriosa, ritornò presso il comandante, e gli riferì, essere la flotta nemica assai superiore alla Veneta, mentre quella era composta di 64 galere, 24 navi, 6 maone, e moltissime saiche, con altre 16 navi barbaresche; però tutte comandate da uomini senza cuore. Esservi nondimeno un perfido Veneziano rinegato, il quale, avendo insegnato ai Turchi l’arte di costruir vascelli da 40 a 60 cannoni, ottenuto avea in premio di comandar tutti quelli ch’erano stati fabbricati sotto la sua direzione; e che non potendo egli sperare nè salvezza, nè scampo che dalla vittoria, era ben presumibile, che si sarebbe battuto da disperato. Il Mocenigo, certissimo di essere secondato da’ suoi, volle andar immediatamente ad incontrar il nemico. Le due armate si trovarono a fronte a Trio sopra Paro. Terribile fu il combattimento, orrenda la strage, inaudito il coraggio, ed incerta per qualche tempo la vittoria. Se i nostri fecero mostra di un valor prodigioso, non si portarono men bene le truppe agguerrite ed i scelti ufficiali turchi nel secondare il capitan Bassà. Finalmente il fuoco benissimo diretto dai Veneti contro la reale de’ nemici, le fece balzar in aria la poppa, ammazzò parte dell’equipaggio, ne ferì una parte maggiore, ed in essa lo stesso Bassà, che addolorato ed atterrito gridava soccorso, ed a grande stento fu tratto fuor della mischia co’ remurchi delle sue galee.
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