A tal vista tutta la flotta turca volge le prore e sen fugge. I Veneti la inseguono; raggiungono alcune galee, se ne impadroniscono, e frattanto il comandante Veneto si slancia con tal furore contro uno de’ principali vascelli, che in poco d’ora lo sottomette; taglia a pezzi ottanta combattenti, e tutti gli altri col loro capitano sono fatti prigionieri. I Turchi, datisi alla disperazione, incendiano alcuni legni, perchè non vengano presi; pure i Veneti ne acquistano alcuni, fra’ quali quello dell’Almirante, vascello proprio del Gran Visir; ad altri danno fuoco. Ma non con ciò finì il combattimento, che anzi divenne ancora più duro e terribile, rimanendovi il rinnegato veneto, che preso aveva il nome di Mustafà. Non è a dirsi con qual ardimento egli si battesse; ma con altrettanto furore i nostri gli si opposero; finchè giunsero ad abbordar la sua nave. Fra l’uccisione di molti Turchi, ebbero il piacere di far prigioniero il perfido Mustafà, a cui fu in allora lasciata la vita, perchè i traditori non meritano che una morte onorevole copra l’infamia del loro delitto. La maggior parte anche di questa flotta venne conquistata; il restante prese la fuga, cercando di salvarsi nell’isola di Nixia. Giuseppe Morosini la insegue; ne prende una porzione, l’altra è costretta a capitolare. Il capitan generale condusse a Candia tutte queste diverse prede; fece, secondo l’uso, la distribuzione del bottino, che fu immenso, perchè i Turchi solevano portar seco tutte le loro ricchezze; indi mandò a Venezia, come monumenti della sua vittoria, tre de’ migliori vascelli ottomani, con sessanta cannoni di bronzo ciascuno, che poscia armati servirono ai nostri con molto maggior frutto, che non avean fatto a chi li avea fabbricati.
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