Non fu, che a’ nostri tempi, che si vide ripetere un’impresa sì ardita e ammirabile. La nazione che l’ha eseguita è troppo generosa per non accordare ai Veneziani la gloria dell’anzianità. La Repubblica celebrò quest’insigne vittoria con atti religiosi e pubbliche feste. Essa mandò a que’ prodi ricompense proporzionate. Decorò il Riva del titolo di cavaliere, e gli mandò in dono una superba collana d’oro. Ne fu egli riconoscentissimo; pure avrebbe piuttosto preferito, che fosse stato accettato un suo piano di guerra proposto al Senato colla voce di Jacopo Badoer. Consisteva questo in unire tutte le forze marittime per abbattere il centro dell’impero nemico. Già tutta la marinerìa conosceva benissimo quelle acque, nelle quali aveva le tante e tante volte impedito ai Turchi l’uscita. Con un vento favorevole potevasi a tutte vele passar lo stretto, scorrere velocemente il mare di Marmora, bombardar la città, incendiar l’Arsenale e tutta la flotta ancorata nel porto. Non v’era niente d’impossibile in questo piano; tutt’i capi n’erano appassionatissimi ed anelavano di ottenerne la permissione. Il Badoer non lasciò già di appoggiarlo con maschia eloquenza. Dipinse lo spavento del serraglio, del divano, della popolazione tutta, vedendo comparire que’ medesimi vascelli, che poco prima distrutto avevano la loro formidabile armata. Fece anche vedere, che la conquista di quella gran capitale apporterebbe alla Repubblica assai più gloria ed utile, che non fu all’epoca famosa in cui il valore de’ Veneti aveva reso questo medesimo impero retaggio de’ Latini, e particolarmente della Repubblica.
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