Lo vede già da lungi che si avvicina. Raccoglie allora tutto il suo equipaggio, e lo fa giurare di morir prima, che arrendersi. Tutti giurano, ed in oltre protestano, che in caso disperato darebbero fuoco alla polvere, prima che venir presi da’ nemici. Allora il Dolfin fa levar l’ancora, e come avesse una gran flotta, anzichè un solo e sdruscito vascello, attacca con ardor sovrumano la capitana de’ Turchi, ordina l’abbordaggio, fa un macello terribile di que’ barbari, la sottomette, e v’innalza lo stendardo di S. Marco. Quattro navi Ottomane accorrono per liberarla; scaricano tutta la loro artiglieria sopra il vascello veneto; nondimeno riesce al Dolfin, prima di abbandonarlo, di disalberare il predato legno, e di levarvi l’insegna Veneta; poscia trascurato quello, con una intrepidezza sorprendente passa in mezzo ai nemici, li fulmina col cannone, e va a raggiungere la sua divisione. Allorchè i suoi lo videro da lungi, non potevano credere agli occhi proprii; tutti avendolo veduto in fiamme, lo avevano giudicato perduto. Li raggiunse al fine. Ma in quale stato li raggiunse mai? Le suevele erano lenzuola e cenci; l’acqua da ogni parte del vascello si facea strada. Pure egli così ridotto, bruciati avea due vascelli nemici, mandato a fondo una maona, messe fuor di servigio cinque galere, traforato da parte a parte il vascello reale, ferito il capitan Bassà, uccisi più di tre mila Turchi, e dopo tutto ciò, osato avea di passar incolume in mezzo alla squadra ottomana. Non è esprimibile la gioja con cui fu ricevuto da tutta la sua divisione, e l’ammirazione eccitata in tutti i cuori per un coraggio che non venne meno in veruna di queste differenti occasioni, ognuna delle quali era stata pericolosissima.
| |
Dolfin Turchi S. Marco Ottomane Dolfin Veneta Bassà Turchi
|