Quegli che tanta parte avea avuto in sì gran vittoria, Lazzaro Mocenigo, fu incaricato di recarne a Venezia la nuova. Strada facendo si abbattè in un vascello barbaresco, ed il fece sua preda. Lo trovò carico di ricchissime merci, e di una somma di danaro, che superava il valore di trecento mila ducati. Il rimbombo del cannone dalla parte del Canal Orfano (canale che da tanti secoli era in possesso di ricevere i nostri vascelli trionfatori) fu annunziatore di fauste notizie. Già tutti a quella volta si addrizzano, e veggono avanzare maestosa la capitana di Rodi, bella conquista del benemerito comandante Marcello, tutta paviglionata a festa, ornata d’insegne e spoglie turchesche, seguita da due grossi navigli, non che da quello predato per viaggio, e strascinante per l’acqua gli stendardi ottomani in segno di compiuta vittoria. Tutti allora: Vittoria! Vittoria, gridarono, e la gioja si diffuse per tutta la città. Quando Lazzaro Mocenigo scese sul molo, venne accerchiato dall’esultante moltitudine; e se i suoi parenti ed amici s’accorsero aver lui perduto un occhio, riguardarono quel danno come una marca gloriosa, e per ciò meno si rattristarono. Il Doge ed il Senato udite ch’ebbero le particolarità del fatto, e resone pubblico ringraziamento a Dio, pensarono a distribuire premii proporzionati al merito di tanti prodi. Sul momento stesso il Mocenigo fu creato cavaliere, ed il giorno dopo dal Maggior Consiglio eletto capitan generale delle flotte; posto nel quale egli poscia si distinse in modo da meritarsi il soprannome di terrore de’ Turchi.
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