Con pari riuscita disimpegnò poscia la carica di provveditor generale, e di general di Candia; e per ciò appunto nel 1657 venne eletto dal gran consiglio con pluralità di voti generalissimo.
Ma il mio oggetto non essendo già quello di scrivere la sua storia, mi contenterò di riferire soltanto quelle tra le sue geste, che hanno qualche circostanza particolare, e che offrono insieme alcuni tratti caratteristici del governo Veneto. Eccone uno. Il Morosini, avendo ricevuto qualche rinforzo, formò l’ardito disegno di riprendere la Canea. Ma ne lo impedirono alcune avverse circostanze. Risolve invece di attaccare un corpo nemico allora debolissimo; ed ajutato da un vento favorevole, approda, sbarca le sue truppe senza contrasto, ed ordina l’attacco. La riuscita non corrispose all’aspettativa. Irritato, anzi furente che sia andato a vuoto il colpo, egli grida contro i soldati per la vergogna e il disonore riportato, ed imputa al provveditor d’armata la causa del disordine coll’avere ordinato alle truppe un movimento fuori di tempo. Senza più lo condanna ad un bando perpetuo, ed anzi vi ha chi dice, alla morte. Il provveditore sdegnò di fare qualsiasi giustificazione, ma nel punto stesso imbarcossi sopra una feluca, andò a Venezia, e si appellò alla Quarantìa. Venne egli non solo assolto, ma produsse contro il Morosini accuse tali e così fondate, che questi venne richiamato a Venezia prima ancora dell’arrivo in Candia del suo successore, che fu subito nominato. Il Morosini obbedì, si dimise dalla sua carica, e venne a Venezia.
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