I Francesi poco disposti, a somiglianza de’ loro predecessori, ad ascoltare i consigli della saviezza e dell’esperienza, risolvono tutto al contrario, e vogliono ad ogni costo fare una sortita, quando pur ciò non fosse, che colla sola lor gente. Il Morosini chiese invano una dilazione di qualche giorno; la sortita fu decisa.
Il giorno dopo, di buonissima ora, i Francesi andarono taciti a portarsi fuori delle mura dinanzi ad un trinceramento, per attendere, col ventre a terra, il segnale dell’attacco. Uditolo, marciano in buonissimo ordine, si scagliano sopra un corpo di milizie, che osservano fra l’oscurità. Quest’era un corpo di Tedeschi che veniva per rinforzarli. Accortisi dell’errore, si rimettono in ordine, si precipitano su i Turchi, ne uccidono molti, ed eccitano fra gli altri un tale spavento, che quanti possono si danno alla fuga sulle montagne. Allora i Francesi volano per impadronirsi de’ ridotti e delle batterie, ma in quell’istante stesso il fuoco si apprende ad alcuni barili di polvere. L’esplosione eccita ne’ Francesi l’idea che quello fosse un fornello, e che tutto il terreno si avesse ad aprire in un punto; cominciano a gridare: fuoco alle mine! e colpiti da un panico timore, tutti abbandonano il posto, gettano le armi, e si danno alla fuga. I battaglioni si rovesciano gli uni sugli altri; e quella milizia tanto audace un momento prima, cerca adesso, senza essere inseguita, qualche luogo di sicurezza. Il general Morosini ebbe appena il tempo di spedire un distaccamento per proteggere la ritirata de’ Francesi in Candia.
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