Dispone subito, e in un modo mirabile la guarnigione ridotta appena a tre mila uomini, indeboliti a segno, che sembravano arboscelli, che un soffio di vento autunnale spogliò di una parte della loro verdura. Tutti nondimeno concorrono all’impresa, animati da quel medesimo spirito del loro capo. Quale spettacolo sublime ed insieme commovente il veder ciascuno a gara volare al suo posto! I feriti stessi, e gli ammalati chiesero di dividere i pericoli co’ loro compagni, preferendo di ricevere la morte combattendo, piuttosto che attenderla ne’ loro letti. Accolta la loro inchiesta, vennero collocati nelle file, presso quelli che ancor godevano abbastanza salute e vigore.
I Turchi vengono ben presto impetuosamente all’assalto. Si battono come tigri; i nostri come uomini che conoscono quanto difendono; de’ primi ne muore un gran numero, ma vengono tosto rimpiazzati; niuno v’ha che rimpiazzi i Veneziani esposti sempre al nemico per le breccie aperte, e nemmen più protetti dalle mura, che crollano al solo rimbombo delle artiglierie. La perdita di uno di essi è al cuore del Morosini una ferita tanto grande, quanto è immensa la sua ammirazione per la perseveranza di quelli che sopravvivono. Pure vedendolo passare da un posto all’altro con quell’aspetto così tranquillo, chi poteva mai immaginare, ch’egli nodrisse l’intima persuasione, che tutti questi eroici sforzi sarebbero divenuti inutili? Prosegue tuttavia con grand’ardore l’impresa; slanciasi egli stesso in mezzo alla mischia; oppone alle scimitarre turchesche il suo petto coperto di vecchie cicatrici e di ferite nuove, ed imitato da’ suoi valorosi, dopo un’orribile strage di nimici, li costringe a ripassar le breccie, e ritirarsi sino ai loro accampamenti.
| |
Turchi Veneziani Morosini
|