Il Morosini partecipò ogni cosa al cavalier Molin, perch’egli pure procurasse di contribuire al vantaggio delle negoziazioni. Queste durarono dai 28 agosto sino ai 6 di settembre. Il Morosini seppe sì bene sostenersi, che ottenne al fine una pace, qual mai non sarebbesi potuta sperare dopo di aver tutto perduto. È ben vero, che convenne ceder Candia; ma accordavasi tutto il tempo per l’imbarco e per il trasporto di tutt’i cannoni della fortezza. Gli abitanti erano padroni di partire colla guarnigione e di portar seco i loro effetti. La Repubblica conservava tre porti nel regno di Candia colle isole adiacenti, e tutto ciò che acquistato aveva sulle frontiere della Dalmazia e della Bosnia, compresa pur anche la fortezza importantissima di Clissa; e finalmente le antiche relazioni di commercio e di amicizia furono ristabilite fra i due stati.
      Segnata la pace, e restituiti a vicenda gli ostaggi, le truppe sì da una parte che dall’altra uscirono dai loro alloggiamenti, e parvero dimenticar affatto tutt’i mali sofferti ed ogn’inimicizia passata, per abbandonarsi fra loro alle più vive dimostrazioni di gioja, e di scambievole cordialità. Gli ufficiali si fecero tra loro de’ piccoli doni di amicizia; il capitan generale ed il gran visir se ne fecero altresì. Ma un quadro ben diverso presentava alla vista il misero avanzo degli abitanti di Candia, ridotti a sole quattro mila anime. Vennero questi a presentarsi al comandante generale per ottenere d’essere anch’essi imbarcati. Dicevano di aver saputo tollerare con occhio fermo tutti gli orrori della guerra, la morte de’ loro parenti ed amici, la rovina totale delle loro case, delle loro eredità, l’incendio del loro paese; ma che non potevano certo soffrire di dover piegare il collo ad altro giogo……… Imploravano dunque la grazia di poter, partendo di là, morire tranquillamente sotto l’obbedienza di un governo che adoravano, ed al quale offrivano quest’ultimo contrassegno della loro dedizione.