. Tutti gli sguardi furon volti a lui, e si svegliò la massima curiosità. Egli cominciò dal compiangere la pubblica calamità per la perdita di Candia, tuttochè già ne fosse passato un anno; indi proruppe in atroci invettive contro il Morosini, che l’avea sì mal difesa; esagerò il sangue sparso, i tesori dissipati, chiamò infame la pace che avea segnata senz’autorità, ma solo di arbitrio proprio, ad esempio nocevolissimo in un governo repubblicano; e concluse, che volendo le leggi che chi cede una piazza renda conto della sua condotta in prigione, era giusto che a simil rigore si assoggettasse anche il Morosini, instituendosi processo, onde, riconoscere se, riguardo a Candia, si fosse stata mancanza di coraggio ed abuso del pubblico erario. Eccitò finalmente il gran consiglio a manifestare co’ voti la volontà generale sulla parte proposta. Chi potrebbe mai credere, dopo quanto sin ora fu esposto riguardo al Morosini, che quasi tutt’i voti fossero concorsi nell’opinione dell’oratore? Ne seguì un tetro silenzio, e la seduta fu levata.
Un simile giudizio parrà un gran torto in una saggia Repubblica; ed in fatti li più prudenti cittadini ne furono molto afflitti. Conviene però considerare, che dall’antichità in poi furono sempre gli uomini oscuri che osarono i primi portar onta agli uomini superiori; e che gli emuli, e quelli che hanno qualche personale risentimento, prendono allor ardire, e si approffittano dell’occasione per soddisfare le loro private passioni. In questo caso poi le accuse si mascherarono sotto le apparenze di patrio zelo, e di grandezza d’animo.
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