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      Anche il Morosini trovavasi estremamente indebolito, particolarmente per le molte ferite ricevute in più incontri. Avanzò egli per ciò le sue suppliche al Senato onde poter ritornare a Venezia; ma il governo, trovando utile ch’egli si fermasse nel suo posto, ricusò l’inchiesta, con espressioni però cosi onorifiche da ravvivare le abbattute sue forze, e deciderlo a tentare qualche nuova impresa che superasse tutte le precedenti. Idea degna di lui fu quella natagli di conquistar tutta la Morea. Nulla poteva esservi di più atto ad innalzar l’anima a grandi imprese, quanto l’aspirare al possesso di quella culla di eroi, che aveano dato una celebrità perpetua alla Grecia; di quel teatro di magnanime azioni, che avea veduto rinculare il Giove persiano, e fattolo tremare sul proprio trono. Trattavasi anche di snidare di là, con deboli mezzi, una potenza formidabile al pari della persiana, di rimettere gli abitanti sotto l’obbedienza di sante leggi, e di ridonar loro sentimenti e costumi da renderli felici. Un così nobile disegno venne approvato da tutta l’armata con vivo entusiasmo, e giurarono tutti di fare ogni sforzo per la buona riuscita. Il capitan generale condusse tutta la sua flotta verso Lepanto, facendo mostra di volervi fare uno sbarco per attirarvi il nemico. Intanto s’impadronì dei due Navarini, che non erano mai stati conquistati dacchè si trovavano sottomessi ai Turchi. Vedendo il Morosini che questi fuggivano da ogni parte, volle intraprendere l’assedio di Modone, fortezza rispettabile, difesa da numerosa guarnigione e da una gran quantità di cannoni.


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Origine delle feste veneziane
(6 volumi)
di Giustina Renier Michiel
Tipografia Lampato Milano
1829 pagine 712

   





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