I Turchi si misero alla disperazione. Più di dugento persone, che colle loro famiglie si erano ricoverate nel tempio di Minerva prossimo alla polveriera, erano tutte perite nella tremenda esplosione, e quel grandiosissimo edifizio stesso era in parte rovinato; le sue mura perforate, la maggior parte delle vicine fabbriche rovesciate, tutto infine minacciava la distruzione totale della fortezza, nè altro rimaneva a fare a que’ miseri abitanti, se non che spiegare il più presto possibile bandiera bianca; il che fecero, mandando insieme al general comandante cinque de’ loro primarj uffiziali come ostaggi, per ottenere la sospensione. Praticati i maneggi, venne accordato che nel termine di cinque giorni partissero i Turchi, lasciando i Mori e gli schiavi cristiani; che noleggiassero a loro spese i bastimenti per essere trasferiti a Smirne, e che portassero seco quel tanto, e non più, che ciascuno potea tenere indosso. Numerose famiglie preferirono di rimanere ne’ loro focolari; e solo supplicarono di poter purificare la loro anima coll’acqua del Battesimo, ciò che il Morosini accordò di buon grado, facendo anzi celebrare la religiosa cerimonia colla maggiore solennità e magnificenza, affine di colpire i sensi della moltitudine, e con questo mezzo determinar altri ancora a seguire il bell’esempio.
Fatti padroni i Veneti della maravigliosa Atene, erano smaniosissimi di ammirare co’ loro proprj occhi le sue antichità sì decantate per tutto l’universo. All’avvicinarsi al tempio di Minerva, detto il Partenone, rimasero stupefatti della maestosa mole, ma insieme dolenti del danno che senza saperlo recato gli avevano.
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