Sarebbe stata grande avventura per li Veneziani, che ciò avesse fatto, perchè così avremmo potuto aggiungere alle spoglie in prima conquistate d’una gran parte della Grecia e di Costantinopoli, ed ultimamente di Corinto e di Sparta, anche quelle di Atene. Nè certo avrebbe alcuno osato chiamarlo conquistator tirannico ed usurpatore insaziabile; che anzi sarebbesi giudicata azione pietosa e plausibile il levare dalle mani di un popolo barbaro, che nulla sapeva apprezzare, sì rari oggetti delle arti belle, quando Venezia sarebbesi fatta una gloria di possederli e di conservarli con gelosia. La venerazione per queste insigni reliquie è innata in noi. Quanti musei e pubblici e privati, qui non si trovano ad attestare tal verità? Che se gran parte di que’ tesori, ben più preziosi delle gemme e dell’oro, sono adesso passati, per le vicende de’ tempi, ad ornare ed arricchire famiglie e gabinetti stranieri, possiamo tuttavia far pompa ancora di molte cose rare e distinte, e particolarmente di quelle che con somma gentilezza e sapere mi vennero indicate dal chiarissimo bibliotecario della Marciana sig. abate Bettio. Queste serviranno mai sempre di luminose prove delle nostre vittorie, ecciteranno l’ammirazione dei dotti, e ci laveranno da quella ingiusta macchia di aver voluto con disegno premeditato distruggere il tempio di Minerva, e la sua statua stupenda.
Dal Pireo passò il Morosini ad isvernare nel porto di Egina. In questo frattempo morì il doge Giustiniani. Qual cittadino avrebbe mai potuto vantare servigj tali verso la patria da eguagliare quelli di Francesco Morosini?
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