Immaginiamoci di vedere sopra la vastità della laguna due lunghe file di galee paviglionate a festa. Il Bucintoro già per se stesso tanto maestoso, ed ancora più per la dignità di chi lo riempiva; le dodici peote de’ giovani ambasciatori, ricche per intagli dorati, per la profusione di stoffe di seta, frange d’oro e d’argento, piume variopinte, ed abiti sfarzosi de’ remiganti. Altre peote non poche delle prime famiglie patrizie pur nobilmente addobbate, ed in esse le nostre matrone in gran gala, e coperte di gemme, che per lo riverberar del sole mandavano scintille, e accrescevan lustro alle loro fisonomie; un tappeto finalmente di barche d’ogni fatta disteso sulla superficie dell’acque, e fra esse fino que’ verdeggianti battelli donde uscivano grida ed applausi sì strepitosi, da superar quasi il rimbombo delle artiglierie, fu questa la pompa trionfale che accolse il nostro eroe. In mezzo a gioja sì universale e sì spontanea egli pose piede sul Lido. Ivi si praticarono le cerimonie già prima convenute; ed intanto che il doge prendeva un rinfresco, le barche si diedero a corseggiare sotto le finestre della sala dov’egli si stava, e fra esse alcuni grossi legni rappresentanti varie nazioni, contraddistinte da’ loro bizzarri abiti, come se tutti que’ personaggi fossero venuti da lontani paesi ad aumentar l’allegria della festa. Quando parve che la curiosità comune potesse esser paga, apparvero i giovani ambasciatori, che, con volto composto a gravità, ordinarono a tutta l’immensa turba di ritirarsi, lasciando uno spazio vuoto nella laguna.
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Bucintoro Lido
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