Non occorsero repliche: un solo cenno autorevole equivalse a tutte le minacce della forza. In un attimo la laguna per buon tratto fu sgombra, ed allora cominciò una finta battaglia di galere; spettacolo militare ben degno di festeggiar l’ingresso di tanto vincitore.
Finito anche questo, il Doge ascese il Bucintoro col suo seguito, ed in mezzo ad uno strato di gondole, ed accompagnato dalle galere e dalle peote, venne alla Piazzetta, ove smontò passando sotto un arco trionfale. La gran piazza era tutta ornata di festoni di lauro, e di stoffe rare e magnifiche. Due vaste fontane gettavano vino, nè si diseccarono se non dopo tre giorni. All’intorno della corte del Palazzo Ducale vedeansi disposte molte tele dipinte dai nostri più eccellenti pittori, ed i soggetti delle pitture erano le gesta più luminose del capitan generale. Poich’egli ebbe ascesa la scala de’ Giganti, si compierono con lui le cerimonie usate con tutt’i Dogi, ed al fine fu condotto a’ suoi appartamenti per prendervi qualche riposo.
La sera v’ebbe pubblico festino nel Palazzo Ducale, che si ripetè per tre giorni mattina e sera, e di cui sarebbe inutile descrivere le particolarità, siccome cosa che allo stesso modo praticavasi, a un dipresso, fino ai nostri giorni in simili occasioni. Non potrei però lasciar di parlare della maniera con cui furono guernite alcune sale per ordine del Governo. Tutte le pareti furono coperte di spoglie nemiche, che lo stesso Francesco Morosini acquistato avea. E chi potea fissare lo sguardo su quelle, senza sentire in sè un nobile orgoglio di essere concittadino di un tanto eroe, e di appartenere ad una così illustre Repubblica?
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