Egli era tosto attorniato da parenti e da amici, che facevano a gara per incuorarlo ed animarlo, ricordandogli i suoi primi trionfi, se ne aveva ottenuti; e s’era quella la prima volta che s’esponeva alla lotta, esaltando le sue forze, il suo ardire, e soprattutto vantando l’interesse ch’essi prendevano nei suoi successi. Pareva che ci avesse parte anche l’onore della famiglia da cui dipendea, giacchè il padrone anch’egli nulla lasciava intentato onde inspirargli ardire e fiducia di se medesimo, e formava ardenti voti, che potesse toccare il primo o almeno il secondo la meta prefissa al glorioso arringo. Il campione gettavasi allora sulla mano del padrone per baciarla; indi precipitavasi alle ginocchia del padre, se aveva la fortuna di averlo; e gli augurj del primo giunti alle benedizioni del secondo divenivano per lui un sicuro pegno della vittoria. Oh quanto passionata era questa scena! oh quanto interesse inspirava in lui il buon padrone, che allora non sosteneva altra figura che quella di emulo del padre nel favorire il prediletto figliuolo! E come non doveva commuoverlo la benedizione di un vecchio gondoliere, pieno ancora d’entusiasmo per la memoria delle sue passate prodezze! Era cosa da intenerire il vederlo alzar la destra e porla lentamente sul capo del figlio, pronunziando queste parole: “Dio ti benedica; o mio figlio! Dio ti benedirà senza fallo e ti accorderà la vittoria, se tu ricevi questa benedizione con quel rispetto ch’egli ti comanda di avere per i tuoi genitori”. Quanta morale in sì poche parole!
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Dio
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