Milord Danby, veggendo che la Duchessa mi levava dal di lui fianco, divenne furioso; senza riguardo per lei, senza pietà per me, ardì egli strapparmi con violenza dalla carrozza; mi prese fra le braccia, mi portò nella sua vettura, fece da un servitore condurvi Lidy, vi entrò egli stesso, e riprese a gran trotto la via di Londra.
Per il corso di due ore non fu possibile di farmi sortire dallo stato di annichilamento ove mi aveva gettata la sospensione dell'uso dei sensi; apriva gli occhi e li richiudeva nello stesso tempo, respirava un istante e ricadeva nella mia debolezza; sono riusciti alfine a ravvivare i miei spiriti; girai gli occhi; spaventata ed incerta non sapeva dove fossi, mi trovai attorniata da gente ignota, mi coprii il volto, e mi posi a piangere amaramente; non osava domandare ove io era; il profondo silenzio che regnava in quella camera m'indusse ad alzar gli occhi una seconda volta; mi vidi sola; le donne che mi avevano prestato qualche soccorso, si erano ritirate; chiamai Lidy, nessun mi rispose, intesi sospirare vicino a me, una mano infocata afferrò la mia, riguardai, e riconobbi milord Danby in ginocchio vicino la sedia ov'era io seduta; egli volea parlare, ma i suoi pianti, i suoi gemiti, soffocavano la sua voce.
La di lui presenza m'ispirò più d'orrore che di sorpresa, e mi credea vicina a morire. Un freddo cruccioso agghiacciava i miei sensi; lo sentiva approssimarsi al cuore.
Lasciatemi,
dissi a Milord, ritirando la mano "lasciatemi terminare in pace un destino di cui voi avete aumentato il rigore.
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