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      A misura che la mia salute si ristabiliva, il sentimento di un vivo dolore si ravvivava. La sicurezza di essere in una casa ove milord Danby mi aveva condotta, ove riceveva delle attenzioni dipendenti da' suoi ordini, ove tutto compariva a lui sommesso, m'ispirava un'estrema avversione per i suoi abitanti, e mi rendeva insopportabile quel soggiorno.
      Sino che la mia vita fu in pericolo, milord Danby non lasciò la mia camera. Attento ad evitare i miei sguardi, restava dietro un paravento che lo nascondeva a' miei occhi. Quando cominciai ad alzarmi, egli non osò entrare ove io era, col timore di causarmi una rivoluzione novella. Le sue agitazioni, le sue inquietudini lo attiravano sovente alla mia porta; egli facea chiamare Lidy; voleva essere istruito da lei del mio stato, de' miei ragionamenti, delle mie disposizioni a di lui riguardo. Nel tempo ch'io dormiva egli veniva tacitamente nella mia camera, apriva il cortinaggio, mi contemplava, sospirava, piangeva, si ritirava dolente, e costringendo Lidy a seguirlo ed ascoltarlo, la stancava con de' lunghi raggiri, ch'egli credeva propri a far comparire la di lui condotta meno odiosa; le facea sovvenire il turbamento, il pallore, la costernazione nella quale ella lo vide quel dì fatale in cui, abusando di una cerimonia rispettabile, profanata da un vil mercenario che non avea il carattere necessario per santificarla, m'intese con una spezie di orrore pronunziare di amare, di onorare il violator delle leggi, il perfido che m'ingannava.


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Istoria di Miss Jenny
di Marie Jeanne Riccoboni
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