I soccorsi necessari al suo male, il prezzo esorbitante ch'essi mi costavano, mi ridussero in pochi giorni al duro espediente d'incaricare mistriss Tomkins di procurarmi la vendita della miglior parte de' miei effetti. Mandai da mistriss Mabel, sperando che il sangue e l'amicizia l'impegnerebbero ad essere utile a sua sorella; per fatalità questa donna aveva lasciato il suo commercio, ed erasi ritirata nella provincia di Galles. Mistriss Tomkins non poteva stare in esborso per me; replicava sovente ch'era povera e senza credito. Avendo ella ancor la mente ripiena della falsa confidenza fattale da mistriss Palmer, mi scongiurava di ricorrere al mio tutore, biasimava la mia condotta ostinata. Io l'assicurai che non vi era alcuno nell'universo che s'interessasse per me: ella non poteva crederlo; il suo buon cuore, le sue attenzioni, la sua compassione medesima la rendeva importuna, e sovente molesta. Non riceveva nuove di miledy Rutland, e cominciava a perdere la speranza di averne. Consumati al fine tutti i mezzi necessari alla mia sussistenza, arrivai al doloroso momento in cui, spoglia di tutto, mi trovai senza modi e senza speranza alcuna.
Questa orribile privazione di tutto mi rese avvilita, umiliata, ed eccitò in me l'impazienza. Dopo lunghe riflessioni tetre e lugubri, caddi a terra, e mi abbandonai alle grida, ai gemiti, alla violenza di uno spirito inasprito dalla continuazione di tante sciagure. In luogo d'innalzare i miei pensieri verso la sorgente delle consolazioni, d'implorare nell'amarezza del mio cuore Colui le cui braccia onnipossenti sostengono la natura, un'orgogliosa presunzione abbagliò i miei sensi, mi eccitò alle doglianze piuttosto che alle preghiere, e mi fece presumere in quel momento che l'innocenza delle mie procedure dovesse esser ricompensata dall'essere supremo, e meritarmi i suoi soccorsi, la sua protezione.
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