Questa spiegazione mi rasserenò, e mi determinò a servirmi senza scrupolo di un soccorso che la mia posizione mi rendeva sì necessario, e perdonare a mistriss Tomkins l'imprudenza che me lo avea procurato.
Due giorni dopo mister Jennisson, ch'era l'ecclesiastico mandatomi da miledy d'Anglesey, mi fece domandare la permissione di vedermi; lo ricevei nel mio gabinetto; veggendomi egli sempre trista, sempre egualmente abbattuta, non risparmiò i termini i più efficaci per consolarmi; passò indi a confermarmi a poco presso quello che mistriss Tomkins mi aveva detto, aggiungendo che miledy d'Anglesey, penetrata dalla situazione di Lidy, di cui una delle di lei donne le aveva fatta la pittura commovente, si era prestata a soccorrerla. L'estrema politezza di mister Jennisson l'impegnava a separare l'interesse di Lidy dal mio; egli fingeva ignorare ch'io fossi a parte della di lei miseria, e pose tutta la sua industria a farmi comprendere quanto la protezione di Miledy mi diverrebbe avvantaggiosa, se acconsentiva a rimettere il mio destino nelle di lei mani.
Mentre ch'ei mi parlava, cercava di sviluppare nella mia memoria un'idea confusa che mi pareva di avere della di lui figura; essa non parve del tutto ignota a' miei occhi; sia a Oxford, sia presso milord Alderson, mi pareva che una stessa fisonomia si era altre volte presentata a' miei sguardi; ma la tema d'ingannarmi non mi permise di cercare di chiarirmi.
L'aria nobile di mister Jennisson, le sue espressioni obbliganti, non so che di dolce ed affettuoso meschiato a tutti i suoi discorsi, m'ispirarono della fiducia.
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