Sortendo di tavola, Milord aveva annunziato il suo matrimonio a' suoi figliuoli; sir Charles ne dimostrò della gioia. La sorpresa ed il dolore si dipinsero sopra il volto del conte d'Anglesey; un profondo inchino fu la di lui risposta, si ritirò immediatamente, e avendo scritto nel primo momento della sua agitazione, lo fece con tanta vivacità e con tal disordine, che la sua lettera non si poteva facilmente comprendere; ma un cuore tenero, appassionato, e come il mio palpitante, comprese bastantemente, nella confusione de' termini e delle frasi, che il Conte era stato intieramente istruito. Passai la notte ad affliggermi nel rileggere la lettera del Conte, e a lagnarmi del rigore del mio destino, ma senza formare il minimo progetto contro la necessità di soffrirlo.
La mia sommessione agli ordini di lady Lattimer irritò il conte d'Anglesey; annunziandogli ch'io era determinata ad obbedire, la mia lettera lo mise alla disperazione; la di lui risposta non conteneva che una lunga serie di rimproveri e di querele, mi accusava di averlo ingannato, pretendeva ch'io mancato avessi a' miei impegni, all'amore, all'amicizia, a tutti i sentimenti di cui la mia mano e i miei occhi l'avevano assicurato. Sosteneva che lady Lattimer non poteva esigere da me una cieca obbedienza, che io non doveva rinunziare alla mia indipendenza in un'occasione sì importante, dove io sola era arbitra del mio destino; dalle doglianze passava egli alle preghiere le più ardenti; mille giuramenti di non esser giammai di lady Sofia, di non vivere che per me; vi aggiungeva nuove sicurezze del suo amore, della sua fedeltà; vantava egli di aver un modo sicuro di evitare il suo matrimonio, d'impedire il mio, di legarsi a me con nodi indissolubili; si diffondeva sopra le contentezze di una unione formata dall'amore; esigeva una promessa irrevocabile di riportar in lui tutta la mia fiducia, e di secondare le di lui intraprese al momento di eseguire il progetto ch'ei meditava.
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