Era sì oppressa e confusa, che non badando alle parole di lady Lattimer, avrei lasciato sopra una tavola il portafoglio se ella, correggendomi della mia distrazione, non mi avesse avvertita di porlo in tasca.
Il conte d'Anglesey venne tardi; la sua aria fredda, pensante e trista fece in me svanire un resto di speranza che mi sosteneva ancora. Lungi di cercare di parlarmi o di darmi una lettera, non mostrò nessuna cura di avvicinarsi a me. Quest'apparente indifferenza mi colmò di dolore; temei con ragione ch'egli avesse cambiato di pensiere, i suoi occhi mostravano assicurarmi al contrario ma la sua condotta non mi permetteva di crederlo. La cena finì, tutti si ritirarono. Chi potrebbe esprimere la mia sorpresa e la mia oppressione, vedendo il Conte sortir in compagnia di suo padre? Sentii struggermi il cuore, e fui vicina a perdere il sentimento.
Tosto ch'io restai sola, cessai di trattenere le mie lacrime; esse grondarono con abbondanza; non poteva concepire per qual ragione il conte d'Anglesey si fosse compiaciuto di deludermi, di farsi giuoco della mia credulità, di rendere dopo sì dolci speranze il mio destino ancor più duro e funesto.
Queste crudeli riflessioni mi occupavano intieramente, quando Benedetta, una delle donne destinate per me, mi si avvicinò, e parlandomi a bassa voce:
Deggio parlarvimi disse "per ordine di milord d'Anglesey."
Queste parole mi causarono una violente agitazione; sentii palpitarmi il cuore; passando in un'altra camera, e trovandomi sola con Benedetta, mi diede una lettera; l'apersi tremando, e vi lessi queste parole.
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