Oh! quant'è dolce l'amare ed essere amato! La natura ha collocata la vera felicità nel fondo del nostro cuore; noi la cerchiamo in vano fuori di noi, poiché è in noi medesimi ch'ella risiede.
Dopo un anno di soggiorno alla campagna, il Conte mi propose di passare qualche tempo a Parigi; acconsentii senza pena. La pace che regnava allora tra la Francia e la Gran Bretagna riempiva la corte e la città d'inglesi. Milord comparendo in pubblico, non mancarono questi di visitarlo; io sentivo della ripugnanza a vederli; la mia fuga aveva fatto tanto rumore, se ne parlava sì diversamente a Londra, la malignità meschiava delle circostanze sì ingiuriose a quest'avvenimento, che non poteva senza ribrezzo ricominciare ad ogni momento l'apologia di una risoluzione di cui non mi avrei potuto perdonare l'irregolarità, se, come si credeva in Inghilterra, essa fosse stata premeditata.
Ben presto i miei compatriotti introdussero nel mio albergo una folla di giovanotti francesi; fra questi ve ne erano de' storditi ed indecenti, i quali insinuavano al conte d'Anglesey a preferire le società sospette e pericolose al piacer semplice ma onesto e solido di una conversazione privata. La sua tenerezza per me, la sua delicatezza a riguardo mio divennero l'oggetto di quei sarcasmi che divertono lo spirito ed avvelenano il cuore; di que' sali vivi e piccanti, l'artifizio de' quali sparge il ridicolo su tutto quello che vi è di più serio; tutto è suscettibile di scherzo e gioco in quel clima allegro e felice; i belli spiriti si fan beffe di tutto, tutto eccita il loro umore bizzarro: il tuono delle conversazioni fa confondere le virtù ed i vizi; si ride egualmente e di un uomo disprezzabile, e di un uomo stimabile.
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