Impallidii, tremai, e volgendo gli occhi con qualche emozione verso la Contessa:
Ah che vegg'io!
esclamai. "Poteva io aspettarmi di ritrovare nel cognato di miledy d'Anglesey l'amico di milord Danby, il complice de' suoi tradimenti?" Così dicendo caddi sopra una sedia svenuta.
Il Conte e sua cognata vennero in mio soccorso; cercavano consolarmi, ma io confusa, istupidita, non era in grado né d'intendere le loro voci, né di prestar fede ai segni che mi davano di amicizia e di compassione. Parevami intieramente distrutta la quiete del mio asilo, perduta la sicurezza che me lo rendeva aggradevole e caro. La protezione di Miledy, le sue bontà, le sue tenerezze, le sue cure mi diventavano odiose, se derivavano dalle sollecitudini di milord Danby.
La Contessa vedendomi bagnata di lacrime:
Come,
mi disse "milord Arundel, l'uomo più amabile della terra, vi reca dell'inquietudini? Accanto di me, sicura della mia amicizia, trovate soggetti di timore, di costernazione? Sperava potervi ispirare maggior fiducia di quella che mi mostrate; malgrado le più forti apparenze, il conte d'Arundel non è, né può essere, il complice di milord Danby, e voi dovete...
Ah! non vi offendete, madama,
interruppi, penetrata da questo rimprovero "non vi offendete di un movimento involontario, di una espressione indiscreta; tutto ciò mi richiama l'istante ove fui crudelmente sedotta; tutto ciò che mi rappresenta il vile autore delle mie sventure, mi altera, mi spaventa, e rinnova l'amarezza de' miei primi dolori. La vista di un testimonio del consentimento da me prestato ad un sacrilego impegno, ravviva il mio rossore.
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