Or discorriamo dell'altre vostre obiettioni circa l'istessa materia.
Doppo haver nel modo predetto apportate le ragioni di Aristotile, per le quali credevate che esso provasse la perfettione del Mondo, non già del corpo, a carte 4. parlate di questa maniera: Io, per dir il vero, in tutti questi discorsi non mi son sentito stringer a conceder altro se non che quello che ha principio, mezo e fine, possa e deva dirsi perfetto; ma che poi, perche principio, mezo e fine son 3. il numero 3. sia perfetto, & habbia facoltà di conferir perfettione à chi l'havrà, non sento io cosa che mi muova à concederlo; e non intendo e non credo che, verbigratia, per le gambe il numero 3. sia più perfetto che il 4. o il 2. ne sò che il numero 4. sia d'imperfettione à gli elementi, e che più perfetto fusse ch'e' fusser 3. Meglio dunque era lasciar queste vaghezze ai Retori, e provar il suo intento con dimostratione necessaria; che così convien fare nelle scienze dimostrative. Fin quì sono parole vostre ad litteram. Ma quanto poco offendino la dottrina di Aristotile, lo vedrete manifestamente. Mentre dice, che quello che ha principio, mezo, e fine sia perfetto, & che perciò (inferite) il numero 3. esser perfetto, non vaglia, & esemplificate del numero 2 & 4. delle gambe, e de gli elementi; vi rispondo che commettete un paralogismo di divisione, passando dal numero che fù posto concretamente, insieme con le cose numerate, al numero astratto e quasi separato; overo credete che così inferisca Aristotile; & v'ingannate.
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