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      Finito & infinito, pare & impare, semplice e multiplice, Destro e sinistro, Maschio e femina, Moto e quiete, Retto e curvo, Lume e tenebre; Bene e male, Quadrato e di altra parte longo. E così questi numerati, più tosto che i numeri da essi astratti, erano presi per principij. E circa la positione di questi numeri concreti erano i Platonici concordi con Pittagorici, eccetto, che nella universalità dell'applicatione; conciosia che Platone estendeva queste unità anco all'Idee, & alle cose tutte immateriali create, Pittagora solo l'attribuiva alle cose sensibili. Volea per tanto Platone, che le unità fussero i primi principij colligati all'entità, ò le semplici prime entità intese per unità, e di queste si facessero prima l'Idee, come forme dalle quali havesse à derivar l'esser formato ò perfetto delle cose composte; & il magnum e parvum (come dice egli stesso) che fusser la lor materia; onde sempre appare che suppone i fondamenti a i numeri. Il che più manifestamente si vede mentre parlando dell'anima del Cielo, e dicendo che consti di numeri, dichiarando, che cosa intenda per questi numeri; dice non esser altro (à questo proposito) che i moti, & i circoli del Cielo, e tanti esser i numeri quante sono le sfere celesti. Ma se mi diceste. L'idee, dette unità da Platone, sono pur astratte, dunque così le pone per principij, non già in concreto. Vi rispondo, che l'Idee si chiamano da esso astratte non come il numero dal suo fondamento, ma come l'universale dal particolare, nel quale universale si salva pienamente la natura de suoi particolari, come l'humanità astratta, ò l'esser animal ragionevole dice l'integrità dell'huomo, & non una unità, senza altra natura.


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Esercitazioni filosofiche
di Antonio Rocco
Appresso Francesco Baba Venezia
1633 pagine 230

   





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