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      Sin quì, al nostro proposito Aristotile. Contra di cui voi, Signor Galileo, adducete molte obiettioni circa molti punti.
      La prima è questa. Per qual cagione (dite) Aristotile non disse che de i corpi naturali altri sono mobili per natura, altri immobili, avvenga che nella definitione habbia detto, la natura esser principio di moto e di quiete, che se i corpi naturali hanno tutti principio di movimento, òo non occorreva metter la quiete nella definitione della Natura, ò non occorreva indur tal definitione in questo luogo. Al che io rispondo che le cagioni naturali, come che nel lor causare o produr gli effetti suppongano necessariamente virtù attiva terminabile ad atto di perfettione, non è possibile, ne tanpoco imaginabile che si stendano subito all'imperfetto, al privativo, come non sarebbe possibile, che la generatione fusse principio di morte, ne la potenza visiva di cecità, se ben'à quella dopò l'atto positivo può seguir la corruttione, e la privatione di vista à quest'altra. Così non può la natura esser principio di quiete solamente, essendo ella pura privatione del moto; la quale, non essendo entità positiva, non havrà ne meno cagione positiva immediata. Onde la divisione di corpi in mobili, & in immobili sarebbe stata inutile, già, che in questi non si rinchiuderebbe la natura; ò sarebbe vota di virtù e di valore; ma che il corpo mobile ò avanti ò doppò che si mova, stia fermo, non è assurdo veruno, perche è sufficiente, che in esso sia la virtù motiva, che è proprio l'effetto primo della natura, non già il moto attuale; di modo, che senza questo sarebbe anco mobile.


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Esercitazioni filosofiche
di Antonio Rocco
Appresso Francesco Baba Venezia
1633 pagine 230

   





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