Ma senza alcuna attitudine ad esso sarebbe in vano. E così la sola inclinatione alla quiete non gli darebbe naturalezza, perche essa è naturale secondariamente, per dipendenza dal moto; che l'hà insegnato benissimo esso Aristotile nell'ottavo della Fisica, al testo 23. con queste parole: Posita est enim natura in naturalibus principium sicuti motus, & quietis, tamen physicum magis motus est.
La seconda instanza (fatto passaggio dell'elica intorno al cilindro, come reducibile alla circolare, e bene) è questa: che Aristotile dalle predette assignationi di moti retti e circolari per ragion di linee si riduce ad altre, cioè che il moto circolare sia intorno al mezo, ò centro, il retto all'insù, & all'ingiù, i quali (aggiungete voi, Signor Galileo) non si usano fuora del Mondo fabricato, ma lo suppongono non pur fabricato, ma di già habitato da noi, che se il moto retto è semplice per la simplicità della linea retta, e se il moto semplice è naturale, sia pur egli fatto per qualsivoglia verso, dico insù, ingiù, inanzi, indietro, a destra, a sinistra, e se altra differenza si può imaginare, purche sia retto, dovrà convenire a qualche corpo naturale semplice, ò se nò, la suppositione di Aristotile è manchevole.
Questa obiettione ha due parti: l'una improvera ad Aristotile che supponga in queste speculationi il Mondo fabricato, & habitato da noi, l'altra, la varia definition del moto. La prima parte (vi rispondo io) cortesemente ve la concederei; perche Aristotile, filosofando, non fa il mestiero dell'Architetto, ò del fabro, che contemplando disegnano, & operano; gli effetti de' quali dipendono dalla conoscenza, non la conoscenza da gli effetti.
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