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      E quantunque sia dottrina di Aristotile, nel 2. del Cielo, che il moto naturale retto vada acquistando sempre maggior velocità, quanto più si allontana dal luogo onde cominciò, e si avvicina al suo naturale; non però fa tal acquisto per estinguer i gradi, che non furno mai nella natura privativa della quiete, ma sì bene perche i naturali effetti congionti alla lor cagione operante, non impedita, prendono sempre maggior vigore, e massime i primogeniti della Natura, quale è il moto locale, ministro principale, ò più tosto padre de gli altri. Anzi, se il rimover la quiete (che chiamate tardità infinita) havesse per adeguata causa l'accrescimento di velocità (come dite), necessariamente ogni moto, tanto (dico) naturale retto, quanto circolare o violento, ricercherebbono velocità sempre maggiore, già che tutti cominciano dalla quiete. E se mi direte, in questi (cioè nel circolare e violento) ciò non occorrere, dunque (ripiglio) non fu la causa potissima la quiete, e per conseguente non dimostrate; già che la dimostratione procede per cagioni sì necessarie & infallibili, che sempre producono i suoi effetti. In oltre, se per levar via la tardità infinita, che è nella quiete, si ricercassero gradi sempre maggiori & infiniti di velocità; seguirebbe che un moto fatto da un punto per linea perpendicolare, dalla sommità altissima di una torre, sarebbe meno veloce che un altro fatto dall'istesso punto per linea declive, grandemente inclinata all'istesso piano. E, per essempio, una pietra che calasse giù a piombo per dritta linea, discenderebbe meno veloce assai di un huomo che per longhissimo e poco arcuato ponte venisse in terra, discendendo quella e questi dalla medesima altezza della torre.


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Esercitazioni filosofiche
di Antonio Rocco
Appresso Francesco Baba Venezia
1633 pagine 230

   





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