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      Voi dite di vedere, & à me tocca indovinare che cosa sia quel che vedete voi. Non è però la mia, colpa di negligenza. Pur troppo mi sono affaticato per giungere à conoscenza prattica, per usar (dico) di simili stromenti visivi. E per questo effetto, con persona di sapere conspicuo, di opinioni simili alle vostre, hebbi per alcun tempo, spesso, discordi sì, ma placidi e gravi congressi. Però le sensate esperienze che prometteva, ò dall'impotenza ò da altro, non si ridussero mai all'essecutione; & egli forse più incerto nelle sue, che io nelle mie positioni, è andato a ricercarne la verità esatta nel Cielo.
      12. All'altra osservatione, oppongo parimente l'incertezza della prospettiva nella distanza grandissima, come ho ancor detto; talche voglio, & concedo che voi vediate le macchie predette, ma io non le stimo nel Cielo, e quando senza illusioni le vedeste, preporrei la cognition sensata ad'ogni altra; anzi giudicherei il discorso non opra di ingegno ragionevole, ma chimere di confusa, & irregolata imaginativa.
      13. Che poi per virtù del Telescopio, il Cielo vi si sia fatto trenta o quaranta volte più vicino di quello che fusse ad Aristotile. Io già hò detto che, se bene per sorte a i tempi di Aristotile non si trovava questo instromento di tal forma; ve ne potevano esser de gli equivalenti, e forse anco migliori. Ma supponiamo con voi, che non vi fussero. Io vi domando: Il Cielo, che per conoscenza si è avvicinato trenta, ò quaranta volte più a voi che non era ad Aristotile, in qual distanza determinata volete figurarvelo? voglio dire che, se ad Aristotile appariva lontano, per essempio, quarantamila miglia, a voi sia mille solamente, anzi pur cinquecento e meno.


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Esercitazioni filosofiche
di Antonio Rocco
Appresso Francesco Baba Venezia
1633 pagine 230

   





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