Tornate pur di novo (a car. 244) ardentemente ad inculcare l'esperienze del senso, ove si fonda la dottrina Aristotelica, e Tolemaica, con dire che commettono equivoci, e paralogismi, come credete haver mostrato di sopra, e la vostra, con quella di Aristarco Samio già, e poi di Nicolò Copernico, habbia sensate infallibili esperienze. E dall'altro canto dite, che il senso non conosce i moti circolari dell'aria e della terra, sopra i quali è fabricata tutta la vostra machina, con essempi di quei che sono rinchiusi in una barca; e da i suppositi insensibili, incerti, non dimostrati, non venite ne anco à niuna cognitione sensitiva, ma dalla supposita arguite, che quel che si vede e crede esser moto retto di cadenti, sia circolare non conosciuto. E così ne i progressi delle vostre speculationi non procedete da principij noti, ne dagli ignoti & imaginarij concludete alcuna cosa evidente. Or vedete che vaghe dottrine, che cognitioni sensitive son queste vostre? su qual sodi fondamenti fondate la fabrica del vostro Filosofare sensibile? Or con quanta ragione potete improverare a i seguaci di Aristotile (come fate nel primo Dialogo), che se esso Aristotile havesse havuto le cognitioni sensitive, che havete, e che mostrerete voi delle cose naturali, havrebbe mutata opinione, ceduto alle sue determinationi, & accostatosi alle vostre? Ma, di gratia, si faccia fine di questo: nondimeno l'iterationi vostre sì spesse m'invitano à risentirmene.
In molte altre cose vi diffondete, nel vostro secondo Dialogo, massime nel recitar, & impugnare prolissamente un Libretto di Conclusioni; nella quale lettura non scorgendo io cosa alcuna di nova repugnanza alle positioni di Aristotile (che solo mi hò assunto in questi brevi esercitij di difendere), giudico bene di tralasciarle.
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