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      Del chinino però la cassa non ne conteneva che 50 grammi; il resto era distribuito in modo che ogni membro della spedizione ne avesse una parte nella propria valigia.
      E qui non bisogna tacere d’un mezzo eccellente per conservare la salute in Africa, quantunque non sia propriamente una medicina, ed è l’uso frequente delle cipolle. Enrico Barth è il primo a farne menzione, come di cosa assai vantaggiosa per la costituzione in questo continente, dove spessissimo bisogna adattarsi a non mangiare legumi freschi per settimane intiere. Del resto non bisogna esser troppo schifiltoso circa gli alimenti e sopratutto al più presto possibile bisogna familiarizzarsi coi cibi degl’indigeni. È vero che nello stadio attuale della conservazione dei viveri si può portar seco quel che si vuole a prezzi discretissimi e gustare per anni ed anni le solite vivande europee. Ma può avvenire il caso che il viaggiatore venga improvvisamente derubato di tutto il suo avere, o che lo perda per un accidente qualunque, cosicchè si trovi ridotto a ciò che offre il paese e gli indigeni sono usi di mangiare. E questo, a dir vero, non è gran cosa; anzi, in parecchie regioni di Africa e presso parecchie tribù, è tale che s’inclinerebbe a credere avere essi appena ora imparato l’arte del cucinare.
      Nulla è più dannoso e più ridicolo per un esploratore quanto l’immaginarsi di poter vivere come a casa propria; il credere, perchè era solito di pranzare a mezzogiorno, che debba essere anche così in viaggio; il pretendere, perché certe vivande erano cucinate ad un modo nel proprio paese, che lo siano egualmente in avvenire.


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Tripolitania
Viaggio da Tripoli all'oasi di Kufra
di Gerhard Rohlf
Editore Vallardi Milano
1913 pagine 310

   





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