Basterebbe riempire gli spazi vuoti, innalzare gli scogli con un muro, approfondare il porto, costruire una gettata e tutto sarebbe fatto. È questa forse una richiesta fuor di luogo, una pretensione troppo elevata, troppo costosa? Se si addizionano le somme che vanno perdute nei gorghi del mare pel naufragio dei bastimenti, si rimane stupefatti che i sudditti delle nazioni che trafficano maggiormente con Tripoli non si siano già da lungo tempo occupati della faccenda.
Ad onta del raddoppiato movimento del porto di Tripoli, l’aspetto della città propriamente detta era presso a poco il medesimo. Le strade erano illuminate, ma del resto piene di fango e di polvere come per lo innanzi, e le vie del Bazar avevano egualmente, poco su poco giù, la stessa fisionomia, all’infuori di una maggior varietà nelle merci europee, specialmente di porcellana e di vetro. Se si eccettuano le rinnovazioni europee, in Tripoli non si sono fabbricate case nuove; è sorto però alla parte dello Mscia, dinanzi delle porte della città, un sobborgo nuovo di pianta, che è già ora il centro della vita mercantile, colla speranza di divenire nello stretto senso della parola, una vera città nuova.
Uscendo dalla ben guardata Babel-Behar, s’incontra prima di tutto un’intiera fila di caffè arabi, più o meno bene arredati, con un ampio terrazzino per ciascuno, dove sono disposte sedie, panche e tavole. Dalla mattina alla sera stanno quivi coccoloni o siedono dei maomettani e degli ebrei riccamente vestiti e spessissimo anche dei Tripolitani europei.
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Tripolitania
Viaggio da Tripoli all'oasi di Kufra
di Gerhard Rohlf
Editore Vallardi Milano 1913
pagine 310 |
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