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      Si fuma il narghileh o delle sigarette, giacchè il cibuk ora è quasi di moda in Turchia. Anche l’uso del narghileh va via via perdendosi, ed il tempo non è lontano in cui non si vedrà più altro all’infuori delle sigarette, che putono orrendamente ed insudiciano le dita, il cui contenuto, dice Liebig (riferendosi specialmente al tabacco turco), rassomiglia all’acquavite di pessima qualità.
      Qui è anche la stazione dei mezzi di trasporto tripolitani. Una ricca fila di carrette a due ruote tirate da cavalli o da muli aspetta l’avventore per portar lo sparto alla spiaggia. Un po’ più vicino veggonsi disposte le vetture, ossia quegli orribili veicoli che Tripoli ha ereditato da Malta, dove erano stati messi fuori corso. Ed in luogo separato anche il mezzo più nazionale di locomozione: muli ed asini grandi e piccoli. Anche oggi l’indigeno si serve per le sue gite quasi esclusivamente dell’asino, e gli europei egualmente cavalcano volentieri gli animali dalle lunghe orecchie.
      Si va piè oltre, e si arriva ad una strada piena da cima a fondo di ricamatori su cuoio e di armaiuoli. Queste due industrie hanno preso in Tripoli un grande sviluppo. Le canne e gli acciarini sono fabbricati in Europa, le casse però e le guarnizioni sono lavoro del paese. Ogni indigeno, che sia povero o ricco, vecchio o giovane, deve una volta entrare in possesso di un lungo archibuso, e Tripoli si è posta in grado in modo speciale di supplire a questo ramo d’industria. Agli archibusi però è collegata strettamente l’industria del cuoio e soprattutto il ricamo su cuoio.


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Tripolitania
Viaggio da Tripoli all'oasi di Kufra
di Gerhard Rohlf
Editore Vallardi Milano
1913 pagine 310

   





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