In Algeri, capitale dell’Algeria, una delle più belle e più moderne città del Mediterraneo, regna la poligamia colla massima libertà. La poligamia però è una figliuola della schiavitù, ambedue sono inseparabili l’una dall’altra, come, occorrendo, si può provare dal Vecchio Testamento, nel quale del resto, come nel Corano, nè l’una nè l’altra è proibita.
Andando più oltre verso la campagna, e passando dinanzi a quei fenaduk (41) ripieni di sparto, si arriva al quartiere dei negri, che non è diverso da quel che era anni fa. Questo lupanare è il ritrovo di tutti gli esseri dubbii che dimorano in Tripoli. Quivi, giorno e notte, la popolazione nera affrancata canta, giuoca, balla e consuma allegramente una discreta quantità di lakbì (vino di palma) e di acquavite. Al veder quelle capanne rotonde fabbricate di foglie di palma e di paglia, si crederebbe di esser nel centro dell’Africa. E udendo quelle nere figure parlare chi haussa, chi kanuri, chi baghermi od un’altra lingua dei negri, l’illusione diviene anche maggiore. Ma affrettando il passo, giacchè qui, dentro ed intorno al luogo dove sorgono le capanne putisce orrendamente, si entra nel quartiere dell’acquavite propriamente detto.
La più parte sono Maltesi, che mettono qui in pratica le loro cognizioni commerciali. Molte di queste case, tra le quali se ne trovano anche alcune in cui si vendono viveri o mercerie, appartengono, però egualmente a persone del paese. Non si crederebbe come gl’indigeni siano inclinati ad eludere i precetti di Maometto riguardo alle bevande proibite.
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Tripolitania
Viaggio da Tripoli all'oasi di Kufra
di Gerhard Rohlf
Editore Vallardi Milano 1913
pagine 310 |
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