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      Questa circostanza e la moderazione nel mangiare sono le cause che contribuiscono essenzialmente alla notevole salubrità del luogo. Giofra possiede nel mezzo dei palmeti la più fresca e più dolce acqua del mondo, ma quella dei pozzi dentro l’abitato non solo ha un gusto salmastro, ma viene resa ancora peggiore, facendola passare in vicinanza dei cessi. D’ordinario, gli abitanti sono troppo pigri per andare a rifornirsi di acqua ai pozzi lontani; essi preferiscono servirsi di quella che trovano nei cortili delle loro case o nelle strade.
      Noi eravamo a Giofra nella primavera del 1879, disgraziatamente in circostanze troppo sfavorevoli per poter riprodurre anche approssimativamente un quadro esatto delle piante che vi crescono. Erano due inverni che non cadeva goccia di pioggia; da due anni il terreno in Giofra non era stato dissodato e negli Uidian stessi la vegetazione si limitava a quelle piante che possono attecchire senza essere annualmente innaffiate dalle acque piovane. I grandi alberi, come le mimose, di cui si veggono crescere tra le palme dei magnifici esemplari, e se ne incontrano anche nel letto dei fiumi, i tamarindi, gli alberi Sarach, rallegravano sempre la vista col verde del loro fogliame: mancavano però interamente que’ tappeti verdi smaltati, di fiorellini d’ogni colore, che in primavera rendono que’ luoghi così incantevoli. E scorgendo negli alvei dei fiumi quegli alberi e i tamarischi e le acacie Seial ammantati d’un verde smagliante ed avendo la certezza che non possono colle loro radici raggiungere la vena di acqua, se pure ve n’è una, allora bisogna necessariamente ammettere che queste piante trovino nell’aria stessa una quantità sufficiente di umidità e che abbiano la virtù di far sì che quest’umidità s’immedesimi colle loro foglie per poter vivere.


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Tripolitania
Viaggio da Tripoli all'oasi di Kufra
di Gerhard Rohlf
Editore Vallardi Milano
1913 pagine 310

   





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