Il canto dei Soknensi è eccessivamente monotono; essi non hanno che una sola melodia, che adattano a tutte le parole, qualunque esse siano. Con questa melodia (69) si recano al mattino di buon’ora i lavoratori ai giardini; con essa il Mudhen chiama i credenti alla preghiera e con essa percorrono le strade cantando. È il loro inno nazionale.
Come assai singolari vorrei far rilevare nella lingua di Sokna (70) le indicazioni di alcuni numeri. Così, p. e., per 50 si dice i fessen-tishka-digidem-nfus, cioè quattro mani, quattro piedi e due mani: cioè le dita delle mani e dei piedi dei medesimi. Vi è però anche un’espressione più semplice che corrisponderebbe al generale Tamersirht o Masigh (in lingua Berbera) ed è «aseghintmed». Il numero 1000, oltre all’arabo «Elf», si traduce anche Abu-Murzuk, e la ragione si è che i Soknensi, al tempo che Murzuk era ancora residenza, vedevano in questa città, in questa parola, il non plus ultra della magnificenza e della moltitudine. Quasi come in Francia, quando, l’abitante della provincia vuole esprimere con un paragone qualche cosa di straordinario o di meraviglioso, dice «C’est tout-à-fait Paris, c’est Paris!»
Ordinariamente, però, i Berberi di Sokna si servono di numeri arabi. Neppure per i mesi hanno denominazioni proprie. La singolare povertà di questo dialetto berbero si fa palese anche da ciò che non si hanno nomi speciali pel resto dei popoli e delle nazioni; le popolazioni del Sudan, p. e., sono indicate col solo nome «tamur-n-ilalen», tutte le nazioni europee con quello di «tamur-t-imatar», ossia «le buone genti», come mi disse il mio mallevadore.
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Tripolitania
Viaggio da Tripoli all'oasi di Kufra
di Gerhard Rohlf
Editore Vallardi Milano 1913
pagine 310 |
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