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      E non poteva essere altrimenti, giacchè l’acqua svaporava dagli otri, ma lo zolfo rimaneva intatto. Invano io mi chiedevo se era necessario ch’io facessi una cura di zolfo, mentre era persuaso che non vi era questo bisogno. E quando finalmente, dopo vari giorni, fummo lontani da quest’acqua, incominciò, col porre piede nell’oasi Gibbena, un’altra cura più disaggradevole: l’acqua del pozzo di Gibbena conteneva una quantità così eccessiva di solfato di magnesia, che non sapevamo più dove dar di capo. E così continuò sino ad Augila.
      L’oasi è straordinariamente ricca di palme selvatiche (od inselvatichite?) che, meno poche eccezioni, non appaiono fuorchè in forma di cespugli. Oltracciò, gli alberi che si veggono più frequentemente sono gli Ethel (tamarix). Non è raro che dagli Ethel nascano dei «germogli» alti sino ad 8 m. Spesso si trova che questi ultimi non si compongono più che di radici e di fusti disseccati, perchè l’albero o il cespuglio, che ajutò a produrre il «germoglio», s’è avvizzito ed ora sembrano ritornare di nuovo, grado, grado, al livello generale. E così nel mondo animale e vegetale è dappertutto un eterno formarsi, vivere e declinare anche nella natura apparentemente priva di vita, poichè anche in essa osserviamo del movimento e per conseguenza anche in essa si vive e si muore.
      Le palme portano frutti, ma non essendo fruttificate, sono senza nocciuolo, come in tutte le oasi deserte. Circa la probabile esistenza di alberi maschi nell’oasi, che potessero fruttificare da sè le palme femmine circostanti, non fu possibile aver dati certi, perchè i cespugli che non erano troppo lontani non aveano più frutti.


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Tripolitania
Viaggio da Tripoli all'oasi di Kufra
di Gerhard Rohlf
Editore Vallardi Milano
1913 pagine 310

   





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