Ma come fummo ricevuti! Cademmo dalla padella nella brace. Se gli Augilensi solo per fanatismo religioso si tenevano dirimpetto a noi chiusi e riservati, per i Mogiabra si aggiungeva un altro motivo ed era il timore che il nostro viaggio all’Uadai potesse recar detrimento alle loro relazioni commerciali con quel paese. Io aveva ordinato ad Omar, uno dei servi indigeni, di precederci e di recarsi al rappresentante turco Hammed Bei, il quale ora ha titolo e rango di Caimacan, per pregarlo di procurarmi possibilmente un alloggio, naturalmente mediante equo compenso in denaro. Arrivati in vicinanza del villaggio di Areg, feci far alto alla carovana e, mentre attendevamo il ritorno di Omar, non si crederebbe quel che avemmo a soffrire dagli scherni degli abitanti d’ogni età: in ispecie accanita era una banda di monelli, che mi presero persino a pietrate, ma che fuggirono poi a gambe levate quando minacciai di far fuoco colla rivoltella.
Alcuni dei più attempati tra gli astanti, a cui la scena e le possibili conseguenze parvero prendere una piega pericolosa, presero le mie parti e mi accompagnarono sino al Gasr turco.
All’entrata del piccolo edificio che portava questo pomposo nome, mi venne incontro il Caimacan e non sapeva come meglio scusarsi del villano procedere della gioventù dei Mogiabra; «ma, aggiunse egli immediatamente, io non posso far nulla, io sono qui affatto impotente». Hammed Efendi era realmente bene intenzionato verso di noi. Egli mi pregò di drizzar le tende in vicinanza della sua abitazione (egli alloggiava in una casa al nord-est di Areg), perchè fossi così più sicuro da ogni molestia, mi offrì anzi il suo alloggio, ch’io però non accettai, perché il mio campo avea bisogno di essere invigilato.
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Tripolitania
Viaggio da Tripoli all'oasi di Kufra
di Gerhard Rohlf
Editore Vallardi Milano 1913
pagine 310 |
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