Il mattino dopo feci subito radunare il Migeles e, lagnandomi aspramente della condotta della gioventù, li minacciai di castigo, che certo non tarderebbe a colpirli. Feci quindi leggere dal Caimacan il mio Firman ali. Ciò fece grande impressione, cosicchè tanto dal villaggio di Lebbeh quanto da quello di Areg fummo trattati lautamente - e questo trattamento officiale comprende in sè simbolicamente anche il benvenuto -; tuttavia non venimmo con ciò a capo di nulla.
Non volendo lasciar alcun mezzo intentato, per recarmi a Kufra e all’Uadai, posi il campo regolarmente, dopochè vidi che i Mogiabra, gelosi e fanatici, non si lasciavano persuadere ad affittarmi una casa. E siccome il mio campo in vicinanza del Gasr era esposto ai raggi scottanti del sole, risolvetti di allontanarmi alquanto dal villaggio, là dove al riparo di giovani palme potessi esser meglio protetto dal vento e dalle tempeste, giacchè nella pianura sabbiosa i più leggieri venticelli cacciavano nelle tende, con poca nostra soddisfazione, nubi di sabbia e di polvere.
Mi diressi perciò collo zaptié, che Hammed Efendi aveva posto a mia disposizione, al palmeto più vicino, situato a mezza strada tra Areg e Lebbeh, però al nord di queste due città, ed in quel luogo feci drizzar le tende, non senza aver fatto un regalo ad un uomo bianco per antico pelo che si dichiarava proprietario del palmeto medesimo.
Il sole che saettava la tenda era alle volte surrogato assai spiacevolmente da spaventevoli Samum. Uno dei più veementi ebbe luogo il lunedì di Pasqua, 12 di aprile: l’aria color di piombo l’avea già annunciato sin dalla mattina e nel corso del giorno andò via via rinforzandosi, finchè divenne un irresistibile uragano.
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Tripolitania
Viaggio da Tripoli all'oasi di Kufra
di Gerhard Rohlf
Editore Vallardi Milano 1913
pagine 310 |
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