Collo stesso stromento penetrai nei talami ottici, e vi feci tre o quattro incisioni per ognuno, il che niente altro indusse di più, se non che gl’occhi rimanevano aperti, le pupille dilatate, nè si chiudevano per nessun corpo, che se gli approssimasse. Stette l’animale in questo stato per due volte 24. ore, non prese mai cibo da se, inghiottì per altro alcuni pezzettini di pane, che li misi in bocca, ed avendolo dopo il suddetto tempo ucciso, osservai che i due fascetti di fibre midollari, che danno origine alle due menzionate produzioni midollari, erano come queste recisi, ed affatto guasti. Ho ripetuto questa sperienza sopra dei polli, sopra dei falconi, sopra delle anatre quasi sempre collo stesso successo. Le stesse lesioni fatte ad un grosissimo corvo di una forza, e di un’astuzia singolare fanno per molto al nostro proposito: Immobile restò pur’anche come il gallo, e sebbene si tenesse in piedi, rimase non ostante così assopito, che non apriva gl’occhi, se non per fortissimo romore, ed abassava, ed inalzava il capo, o lo metteva sotto l’ala, come quando soleva realmente dormire. Più non si commoveva per gl’esterni oggetti, nè andava in collera, come era solito alla vista di un cane, o di una gallina d’acqua acerrimi suoi nemici, e che perseguitava con particolari astuzie: Dopo esser stato 28. ore in questo stato volsi farli qualche lesione più profonda, ma avendo involontariamente toccato il sito sovraposto alla protuberanza anullare fu preso da frequenti stranuti, ed in seguito da convulsioni, e morì in mezz’ora.
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Immobile
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