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      Studiare come viva lo Stato moderno, su quali forze si regga, quale ne sia l'ordinamento migliore, quali rapporti debbano correre tra la cittadinanza e il potere esecutivo, quali obiettivi concreti si debbano proporre alla nuova entità statale che si disegna. Tutto fuor che l'improvvisazione, insomma, in quest'Italia in gestazione, nella quale secondo i benpensanti sarebbe meglio non impostare il problema instituzionale per non rischiare di disgustar Torino, né quello di unità o federazione per non ispaventare Napoli o Roma o anche l'Europa, né quello sociale per non buttar la borghesia in braccio alla reazione, né quello militare per la ragione X, né quello della futura politica estera per la ragione Y. «Parole chiare all'Italia di domani»: questo sottotitolo vien voglia di dare alle pagine migliori di Pisacane, non perché le soluzioni da lui proposte meritino d'esser levate a cielo, ma per aver egli, pur non nato agli studi, se non a quelli specializzati tecnico-militari, inteso appunto la necessità di anticipare i problemi del futuro Stato, di impostarli e dibatterli come se fossero attuali, di appassionare gli italiani al mondo del suo nascimento: ciascuno doveva sentirsene insieme e figlio e padre, e come padre ambire, prima che la creatura avesse vita, di rappresentarsi la forma, l'espressione e il peso e il posto che un giorno essa occuperebbe nel mondo.
      Ma furono in pochi a pensarla cosí: terribilmente pochi. Né qui si voglion ripetere sul Risorgimento italiano certe considerazioni che a furia di essere originali son doventate stantíe sulla sua intrinseca insufficienza, lo scarso suo fondamento di cultura, la magra partecipazione delle masse, e via discorrendo.


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Carlo Pisacane nel Risorgimento italiano
di Nello Rosselli
pagine 502

   





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