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      La grandissima maggioranza degli italiani non si rese conto infatti della parte cospicua che nel miracolo del '59-60 doveva attribuirsi a un insieme di circostanze fortuite estremamente favorevoli. L'impacciata neutralità delle grandi potenze di fronte alla crescente audacia del governo piemontese, ad esempio, parve ai piú naturalissima cosa, che avrebbe anche potuto ripetersi nel séguito; e poiché non si tenne il debito conto della fragilità degli ostacoli che le forze sarde, o comunque facenti capo a Torino, avean dovuto travolgere, accadde che le intrinseche possibilità del Piemonte, nerbo dal '61 in poi di quelle italiane, venissero pericolosamente sopravalutate. Gli italiani avrebbero dovuto ringraziare il cielo (e il Piemonte) dei resultati raggiunti e senza requie attendere a consolidarli: si posero in capo invece che il '61 fosse soltanto una prima tappa su una strada assai lunga che ormai si profilava dinanzi a loro (e questo era vero); strada che andava percorsa da capo a fondo con quel passo alla bersagliera che si era cosí bene tenuto negli ultimi due anni (e questo era perniciosissimo errore). S'immaginarono inoltre esser la lunga laboriosa preparazione di un qualunque avanzamento politico o sociale prerogativa non invidiabile di altri popoli e climi: agli italiani convenire invece mosse geniali, improvvisate, tempiste, i colpi di scena, il procedere a sbalzi. E poiché dopo il '60 ma piú ancora dopo il '70 i tempi volsero alquanto difficili, e mamma Europa si fece arcigna verso questa figlioletta cresciuta d'un tratto, pretendendo usasse modi e atteggiamenti confacenti ormai alla sua nuova statura e smettesse certe bizzarrie dell'infanzia, gli italiani che si erano avvezzati da un poco a veder cogliere a loro pro e senza troppa fatica tutte le buone occasioni che passassero a portata di mano, non perdonarono ai loro nuovi governanti di non saper continuare una tradizione sí comoda e, paragonandoli ai loro predecessori in ufficio, li videro nani appetto a giganti, tortore in nido di aquile.


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Carlo Pisacane nel Risorgimento italiano
di Nello Rosselli
pagine 502

   





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