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      Un convitto severo e di etichetta borbonica, dunque; ma non eccessivamente pedante, non di quegli istituti che usavano un tempo, dei quali diresti che l'intento precipuo fosse quello di soffocare la vivacità dei ragazzi e scoraggiarne le inclinazioni individuali. I rapporti tra professori e discepoli correvan cordiali, i ragazzi restavan ragazzi: al punto che Pisacane, pur notato per il suo talento nelle matematiche, poté lasciare ricordo di sé nella Nunziatella per il suo «ardire e fierezza» e per la strabiliante abilità negli sports, non ultimo quello di farsi ragione da sé, quando occorresse, menando magistralmente le mani. Si tolleravano perfino le discussioni politiche. S'intende, non di politica interna: ma se anche si parlava di Carlisti e Cristini e della eterna guerriglia tra loro, l'infiammarsi per questi ultimi, campioni di liberalismo, quando si sapeva che il re di Napoli proteggeva ufficialmente l'assolutista don Carlos non era indizio di un certo frondismo? Di Pisacane si narra che, appassionato Cristino, a un certo punto, stanco di difendere il suo partito soltanto a parole, volesse addirittura piantar la Nunziatella per «correre ai campi della maggior libertà». Ma poi, volente o nolente, mutò pensiero.
      Da questo collegio uscivano dunque i migliori ufficiali dell'esercito napoletano, quelli destinati a raggiungere i gradi piú alti della gerarchia militare. Nessuno di loro dimenticava mai piú quegli otto anni di piacevole clausura; dicevano con sussiego «vengo dalla Nunziatella» e le amicizie formatesi là dentro duravano salde, per variar di vicende.


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Carlo Pisacane nel Risorgimento italiano
di Nello Rosselli
pagine 502

   





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