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      Quindici mesi d'Abruzzo: anche là, probabilmente, a far strade. Nel '43, primo tenente ormai, ritorna a Napoli, questa volta alle dipendenze d'un capitano Gonzales, insieme col quale progetta la strada nuova «su per la collina del Vomero e Antignano, oggi Corso Vittorio Emanuele». E per quattr'anni non si muove di lí; riceverà poi la nomina a membro del Consiglio d'Amministrazione del Real Corpo del Genio.
      Siamo nel 1846: al giovane intelligente ufficiale chi non avrebbe predetto, con la sua capacità, col suo nome, una brillante carriera? Eppure, nel giro di pochissimi mesi, tutto è perduto senza rimedio; l'esperienza militare appena iniziata si conclude bruscamente.
      La notte dal 12 al 13 ottobre il tenente Pisacane vien raccolto dinanzi alla sua porta di casa, svenuto e sanguinante per gravi ferite di pugnale nel ventre ed al petto. Mentre i medici accorsi dànno ben poche speranze, la polizia inizia le indagini: nessun testimonio del fatto; ma Pisacane, che ha una stupefacente ripresa, dichiara, e fa dichiarare dai suoi, che un ladro di strada, sotto minaccia della vita, ha tentato di derubarlo: egli si è ribellato e nella mischia seguita ha riportato quelle ferite.
      La convalescenza si prolunga, lentissima, fin verso la fine dell'anno. Poco dopo la polizia ha nuovamente occasione di occuparsi di Pisacane: l'8 febbraio '47, infatti, sotto mentito nome celato come un malandrino inseguito, egli s'imbarca sul postale francese diretto a Livorno(5). Con lui, che ha cosí dato definitivamente l'addio alle spalline borboniche, è una signora: Enrichetta Di Lorenzo, moglie di Dionisio Lazzari, madre di tre bambini.


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Carlo Pisacane nel Risorgimento italiano
di Nello Rosselli
pagine 502

   





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